Salviamo Quelli Che Prestano Per I Subprime Ambientali?
La notte scorsa ho ricevuto una telefonata da Henry Paulson. Il
ministro del Tesoro mi chiedeva di mandargli subito del denaro per
salvare le imprudenti banche di Wall Street. Per la nostra famiglia, mi
ha spiegato Paulson, il conto ammonterà a 7mila dollari. Se vogliamo
pagare per tutti i membri di International Rivers con cittadinanza
americana, arriveremmo a 1,2 milioni di dollari. Tale contributo
permetterà di pagare per un mese il salario e i bonus di Jamie Dixon,
l’amministratore delegato della JP Morgan Chase, e far sì che le banche
possano tirare un po’ il fiato, scaricando sui contribuenti una parte
dei loro immensi debiti.
Non volevo essere quello che staccava la spina al sistema bancario
americano, per questo stavo per dare a Paulson il mio numero di carta
di credito. Ma poi ho dato un’occhiata ai prestiti delle banche di Wall
Street che mi apprestavo a finanziare. La JP Morgan Chase non aveva
appena garantito 400 milioni all’Etiopia per la costruzione della diga
di Gibe 3 – un progetto che viola la stessa normativa ambientale di
quel Paese? Non aveva quell’istituto di credito prestato denaro a più
riprese per le operazioni della Aracruz, uno dei più grandi
disboscatori dell’America Latina?
Mentre il ministro del Tesoro diveniva sempre più impaziente, ho
compreso che quando si parla di ambiente le banche di Wall Street
impiegano le stesse pratiche per i prestiti che utilizzano nel settore
immobiliare. Così come speculano sui mutui subprime che i proprietari
degli immobili non potranno mai ripagare, hanno senza scrupoli messo
un’ipoteca sulla Terra. Come ci ha appena ricordato il Network Globale
sull’Impronta Ecologica, lo scorso 23 settembre l’umanità ha finito di
consumare tutte le risorse che il nostro pianeta ha prodotto
quest’anno, per cui d’ora in poi entreremo in un deficit di “spesa
ecologica”. Le dighe, le miniere di carbone e i progetti di
deforestazione che la JP Morgan e altre banche stanno finanziando
risucchiano ancora più rapidamente il “capitale” della Terra.
Gli istituti di credito di Wall Street che si sono resi così
indispensabili per il funzionamento della nostra economia che ora
dobbiamo salvarli. Ma come continuano a dirci i sostenitori del libero
mercato, non c’è nulla come il libero mercato. Mentre ripongo la mia
carta di credito, dico al ministro del Tesoro che salverò le banche di
Wall Street solo se adotteranno politiche ambientali stringenti sui
prestiti subprime che erodono il capitale del pianeta. Darei una mano a
“sussidiare” i salari dei massimi dirigenti di Wall Street solo se i
loro compensation packages fossero legati alla sostenibilità
socio-ambientale del loro portfolio. Mi dispiace, Mr Poulson, ma, come
si dice negli Usa, niente pasti gratis sulle spalle del pianeta.
Peter Bosshard – Direttore delle campagne della Ong americana International Rivers